dipinto Sirani Ritrovamenti

Ritrovamenti – A Piacenza l’opera prima di Elisabetta Sirani (1638-1665)

20/01 » 03/02/24

: Amici dell’Arte - Associazione Amici Dell'Arte Piacenza, Via San Siro, Piacenza, PC, Italia

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Viene inaugurata sabato 20 gennaio alle 17, presso la sede dell’Associazione Amici dell’Arte in via San Siro 13, l’esposizione dell’opera prima di Elisabetta Sirani (1638-1665), che sino al 3 febbraio sarà possibile ammirare negli spazi del complesso monumentale Ricci Oddi ogni venerdì, dalle 16 alle 19, nonché il sabato e la domenica dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 19.30. Un evento eccezionale, reso possibile dalla generosa concessione in prestito del dipinto – sotto l’egida della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Parma e Piacenza – da parte dell’Istituto Orsoline di Maria Immacolata dove il quadro, di cui a lungo si erano perse le tracce, è ora custodito.

La pala d’altare raffigurante San Gregorio Papa con Sant’Ignazio di Loyola e San Francesco Xaverio fu dipinta dall’artista, oggi sepolta accanto a Guido Reni nella Basilica felsinea di San Domenico, a soli 17 anni, come si evince dal diario in cui lei stessa riferisce la commissione della tavola – la prima ufficialmente ricevuta nella sua carriera – da parte della Marchesa Spada, per una congregazione parmense. La nobildonna si identifica in Maria Veralli, consorte di Orazio Spada e madre di 12 figli, di cui sette femmine tra le quali una potrebbe (ma si tratta di un’ipotesi non ancora verificata) essere entrata in convento proprio tra le suore Orsoline, il che spiegherebbe la committenza e la destinazione dell’opera. Le ricerche storiche sul dipinto avevano condotto, nel tempo, alla Congregazione dei Gesuiti per l’iconografia dei due Santi spagnoli rappresentati, senza trovare riscontri effettivi sul territorio di Parma. Dagli studi di Carlo Cesare Malvasia – definito dal professor Pulini “il Vasari bolognese” – sulle “Note delle Pitture fatte da me Elisabetta Sirani”, si è quindi individuato il misterioso capolavoro nell’opera conservata nel Convento delle Orsoline, annesso alla chiesa di San Martino in Foro, fondato nel 1649 e legato anch’esso, come quello parmense, ai Gesuiti.

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