Piano triennale cultura, Pollastri (Pdl): “Meno risorse al rock e più soldi al liscio”

“Consapevoli delle difficoltà economiche del settore e dello sforzo fatto dalla Regione per confermare lo stanziamento del passato triennio, ma vi sono numerose questioni dubbie” così Andrea Pollastri preannunciando l’astensione del PdL al Programma Triennale dello Spettacolo.

Più informazioni su

“Consapevoli delle difficoltà economiche del settore e dello sforzo fatto dalla Regione per confermare lo stanziamento del passato triennio, ma vi sono numerose questioni dubbie” così Andrea Pollastri preannunciando l’astensione del PdL al Programma Triennale dello Spettacolo discusso e approvato oggi dall’Assemblea Legislativa.
“Si evidenziano – ha detto il Consigliere – critiche in base all’impostazione culturale, alla distribuzione cinematografica e agli Enti Regionali dello spettacolo. Dal punto di vista culturale, trattandosi di un programma pubblico, le cui finalità non sono commerciali ma culturali, dovrebbe perseguire la qualità anche se essa non necessariamente muove maree di pubblico e privilegiare le esperienze “autoctone”: quindi, ad esempio, invece di usare le risorse regionali per sostenere rock e jazz (non siamo in Alabama o a Memphis ma in Emilia-Romagna!) bensì ciò che è autenticamente emiliano-romagnolo, musica classica, musica tradizionale folkloristica, come quella unica in Italia delle “4 Province”, ed il liscio.
“Maggior impegno anche per promuovere la salvaguardia del patrimonio dialettale, delle registrazioni etnografiche di canti, filastrocche, ecc., i filmati d’epoca e le foto in possesso di Enti, Fondazioni , Istituzioni Pubbliche e Private (Consorzi Agrari, di Bonifica, Camere del Lavoro, ecc.). Importantissimo anche sostenere le compagnie teatrali dialettali, le Bande, i cori ed i gruppi folkloristici, la fotografia, che interessa un pubblico sempre più vasto e multiforme,  le scuole di musica e di danza, che svolgono un primario ruolo di sensibilizzazione e di alfabetizzazione alla musica.”
“Per quanto riguarda la distribuzione cinematografica – ha proseguito -, malgrado l’aumento degli schermi nell’ultimo triennio, esso ha beneficiato le multisala, più che i monosala, ancora prevalenti, ma stabili nel numero perché si trovano ad affrontare una crisi crescente e la concorrenza delle multisala. Specie in campagna e montagna, i piccoli cinema rappresentano un valore sociale, ma sono stati abbandonati da una legislazione che agevola le multisala: è venuta l’ora di cambiare registro, passando al sostegno ai piccoli cinema, prima che la crisi e la concorrenza delle multisala non li condannino definitivamente a morte.”
“Anche la questione della promozione del territorio come set cinematografico – ha sostenuto ancora – deve essere incentivata: fiction, pubblicità, cortometraggi, film, non devono veder privilegiati solo alcuni luoghi (in particolare Bologna e la Riviera) dimenticando invece tutti gli altri che ben avrebbero le caratteristiche e la dignità per fungere da scenario per filmati e sceneggiati. Non si tratta di una lotta di campanile, ma di un discorso di marketing territoriale: bisogna capire che più pubblicità significa più turismo a vantaggio di tutta la Regione. E non vi è strumento pubblicitario più potente che la TV ed il cinema.”  
“Infine – ha chiosato Pollastri – il capitolo controverso degli Enti dello spettacolo: non è chiaro, ad esempio, il motivo perché si sostenga la Toscani e non le altre orchestre presenti in Regione, lasciate morire senza risorse, oppure perché debba essere il Teatro di Bologna a fare da capofila ad altri, magari molto più antichi e prestigiosi. Quanto alla Fondazione Nazionale della Danza e all’Ente Regionale Teatro (ERT) svolgono per lo più attività rivolte all’esterno e non fanno una vera e propria attività per il territorio anche se il territorio, ossia la Regione, li paga profumatamente! Un esempio simile è la Fondazione Orchestra Cherubini, partecipata della Toscanini, che spende una valanga di soldi, senza alcun vantaggio per il territorio ed i musicisti che vi sono presenti. La crisi avrebbe imposto un ripensamento: si sarebbero dovuti smantellare i carrozzoni, trattando tutte le realtà, i teatri e le orchestre della Regione, nello stesso modo, non creando figli e figliastri com’è oggi.”
 

Più informazioni su

Commenti

L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di PiacenzaSera, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.