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Le recensioni di PcSera: “Fantasma” dei Baustelle

Convince l’ultimo album della band che il 25 febbraio si esibirà al Teatro degli Arcimboldi di Milano

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BAUSTELLE
Fantasma (2013)

“Fantasma”, sesto album per la band di origine toscana e milanese ormai d’adozione, è stato registrato con l’ausilio di uno studio mobile presso la Fortezza Medicea di Montepulciano, tra le colline più dolci che possano esistere, che hanno ispirato intere generazioni di artisti rinascimentali (strana coincidenza: la cover ricorda la Medusa del Caravaggio, seppur cosparsa di piume nere).

L’accompagnamento di una grande orchestra sinfonica, la FilmHarmony di Breslavia, ha il suo peso nella ricchezza dei suoni e delle sfumature di quest’opera – una miscela raffinata e seducente di musica colta (Bianconi stesso cita Stravinskj, Ravel e Mahler), folk mitteleuropeo, di dialetto romanesco (“Contà l’inverni”) e di spaghetti western (“Cristina”)  – e nel relegare in secondo piano le nostalgie per il beat italiano dei Sessanta e per un’elettronica pop da colonna sonora che in passato ci avevano poco convinto.
Gli intermezzi strumentali, poi, hanno il merito di restituire una certa omogeneità e anche compattezza al lavoro, come se avessero il compito di traghettare l’ascoltatore da un brano all’altro: la cosa funziona, l’ascolto non è mai noioso, anzi, malgrado un paio di melodie troppo facili o già sentite, qualche eccesso di epica retorica e la consueta sillabazione cadenzata.

Le liriche – come sempre di ottimo livello – restituiscono l’idea di un lavoro a tema, quasi un concept-album, sullo scorrere inesorabile del tempo (“Io che non ho giorni da sprecare/So i dolci posti dove andare/Andrò al parco a farmi passeggiare un po’/Che non ho cani a cui badare/e ho davvero poche necessità” –“ Fuori piove il tempo passa/ce ne accorgeremo poi”) e sull’incertezza del futuro (“Perché quando te ne vai/E’ davvero come se/Capissi per la prima volta/L’uomo che sarai/Perché tutto quel che hai/Prima o poi lo perderai”), anche se a far parlare di sé è soprattutto un incipit (“Nessuno”) che definire duro è un eufemismo – “Non credo alla bibbia/mi chiedo perché/Dovrei consultarla/offende gli dei/Non prego la chiesa il fetore che fa/Non credo nel cielo e nemmeno all’inferno” – e che anticipa di poche ore le dimissioni di Ratzinger (quando vuol dire essere sul pezzo).

Il 25 febbraio a Milano al Teatro degli Arcimboldi.

Giovanni Battista Menzani
@GiovanniMenzani

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