Le Rubriche di PiacenzaSera - Inter Cultura

“Un lavoro interculturale basato sulle relazioni” Le proposte del MI per l’integrazione degli alunni

Il Ministero dell’Istruzione ha di recente pubblicato un documento contenente “idee e proposte per l’integrazione di alunni provenienti da contesti migratori”. È il terzo in ordine di tempo che contiene linee guida per interventi da parte del sistema scolastico in merito all’inserimento di bambini e giovani che, causa la loro provenienza o quella della loro famiglia, noi chiamiamo ancora “stranieri”. Com’è noto, l’approccio del nostro Paese all’immigrazione è stato fin dall’inizio di carattere sociale, con l’intento di costituire una comunità, fin dalla scuola, nella quale poter crescere insieme, cittadini italiani e provenienti da altri Paesi; abbiamo rifiutato un processo di assimilazione culturale e di accostamento tra gruppi omogenei che con il tempo hanno prodotto conflitti ed accentuato lo sradicamento dalle loro comunità e la difficoltà di adattamento alla società di destinazione.

In Italia si è impostato un lavoro interculturale basato sulle relazioni e su apprendimenti che facessero crescere giovani e adulti sul piano linguistico, culturale e professionale, valorizzando la loro provenienza a beneficio della costruzione di una società integrata con reciproco vantaggio. Il primo documento aveva insistito sull’accoglienza, già il secondo voleva vedere il cambiamento che l’immigrazione avrebbe portato dal punto di vista dell’internazionalizzazione del nostro sistema, per arrivare a quello recente che affronta la prospettiva interculturale a tutto campo. Le indicazioni precedenti vengono riprese soprattutto per quanto riguarda i neoarrivati ed il loro apprendimento della lingua italiana, ma l’orizzonte è un’educazione al plurilinguismo che valorizzi le diverse biografie linguistiche anche al di fuori della scuola, l’attivazione dei processi metalinguistici di comparazione e di scambio tra le lingue.

Il documento invita a prendere atto degli atteggiamenti che le nuove generazioni assumono di “nativi multiculturali”, il che richiede un riferimento costante all’educazione civica ed alla cittadinanza attiva, con approcci culturali aperti e sensibili alle interconnessioni, alla reciproca dipendenza tra Paesi. Le cosiddette “seconde generazioni” sono ormai una componente attiva della nostra comunità ed arricchiscono il tessuto multiculturale e plurilingue della nostra scuola ed il panorama si amplia con i minori non accompagnati e rifugiati, gli studenti in scambio internazionale, i figli di coppie miste, i ragazzi adottati o approdati alla cittadinanza italiana. Ci sono anche adulti immigrati che hanno specifiche esigenze di apprendimento più interessati al versante della formazione professionale: insomma, oggi parlare in generale di stranieri non vuol dire adottare un’unica strategia didattica di integrazione, il sistema cambia dall’interno ed è sempre più internazionale e quindi occorre rivedere il mandato della scuola di fronte al pluralismo socio-culturale, rafforzando l’idea di un apprendimento per tutta la vita.

Un altro aspetto importante del documento riguarda l’orientamento che per le famiglie immigrate comporta spesso notevoli difficoltà dovute alla scarsa capacità di reperire informazioni, all’effettivo riconoscimento delle vocazioni dei giovani in relazione alle specificità dei percorsi formativi. Viene suggerito un lavoro peer-to-peer tra gli studenti che devono scegliere e i giovani italiani e non che hanno operato le scelte negli anni precedenti. La dimensione interculturale deve riguardare in modo specifico la elaborazione dei curricoli, spesso rigidi e poco aperti al confronto, ma anche sostenere la vita relazionale di questi giovani, meno ricca e spesso problematica; sul piano delle strutture occorre favorire la continuità educativa e l’integrazione tra i diversi indirizzi: si pensi al ciclo 0-6, agli istituti comprensivi 3-14, ai percorsi vocazionali nel secondo ciclo, compresa la formazione professionale e l’apprendistato.

Particolare attenzione il documento pone alle famiglie immigrate, anche con la collaborazione dei mediatori culturali, soprattutto per quelle che vivono situazioni di isolamento; stimolare la disponibilità da parte del personale scolastico all’ascolto delle preoccupazioni dei genitori stranieri e favorire i rapporti con quelli italiani al fine di risolvere positivamente le tensioni che si generano ad esempio nella formazione delle classi e per il pieno svolgimento delle attività didattiche. Occorre costruire alleanze tra le diverse realtà territoriali, pubbliche, private, associative, attraverso veri e propri patti educativi con gli enti locali, per allargare il raggio d’azione alla “città educativa”. Alla formazione dei docenti è demandata la capacità di gestire i conflitti di valori attraverso la deliberazione democratica, la mediazione interculturale, la negoziazione, per coinvolgere tutti gli studenti, indipendentemente dalla loro provenienza, in azioni di partecipazione attiva e di reciproco scambio. La prospettiva interculturale attraversa i saperi e le discipline, si rivolge a tutti, superando una concezione che interpreta le culture e le identità come realtà statiche, di esaltazione delle differenze in quanto tali, anziché una visione costruttivista delle diversità culturali alla ricerca di valori comuni che permettono di vivere insieme. Tale visione nuova, conclude il documento, delle relazioni tra le persone che fanno riferimento alle diverse culture, dovrebbe modificare e trasformare la struttura stessa dell’organizzazione.

È interessante infine vedere che un pronunciamento del governo anticipi una posizione decisa verso il conferimento della cittadinanza italiana ai figli di immigrati quando il Parlamento ha solo timidamente iniziato a discutere una nuova proposta di legge al riguardo. Il documento indica nella scuola l’ambiente adatto per far giungere al riconoscimento giuridico della cittadinanza italiana come esigenza del Paese ad avere cittadini che condividono oltre ai diritti e ai doveri la responsabilità della cittadinanza stessa. La scuola infatti è il primo luogo della cittadinanza appresa e vissuta, per questo è stata proposta come possibile contesto di riferimento (jus scholae) per alunni che la frequentano con continuità. Lo studio della Costituzione fornisce ai nuovi italiani una mappa di valori necessari ad esercitare la cittadinanza.

Gian Carlo Sacchi

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