I ‘nuovi italiani’ tengono in piedi la popolazione, ma l’iter è ancora lungo “Le istituzioni diano servizi”

“Piacenza è casa nostra, ci ha dato tutto”. Quella di Eltiona Kovacaj e della sua famiglia è una storia di sacrifici, di porte in faccia, di povertà assoluta. “I miei genitori – racconta – partirono dall’Albania negli anni Novanta, vennero in Italia cercando un mondo migliore”. Ma quando sbarcarono in Puglia, in provincia di Foggia, la situazione non migliorò. “Non sapevano né la lingua né avevano un posto dove andare. Una donna ha offerto loro un ‘impiego’: lavoravano 23 ore al giorno per potersi permettere un tetto sopra la testa. Un giorno, però, mia madre capì di non riuscire più a sostenere certi ritmi, e la signora li cacciò via. Si trovarono a dormire sui materassi trovati nei cassonetti: li prendevano e li lavavano per strada, con l’acqua dei rubinetti dei parchi pubblici. Questa situazione estrema durò due mesi, poi i miei genitori incontrarono una persona che li accolse in casa propria, trovò loro un lavoro e li aiutò con le pratiche burocratiche per ottenere il permesso di soggiorno, che ottennero dopo due anni e non senza difficoltà”.

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Eltiona è nata 30 anni fa a Pukë, un piccolo centro dell’Albania settentrionale. “Avevo quattro anni quando arrivai in Italia, insieme a mia sorella – prosegue -. Mia zia si assunse un grosso rischio per riportarci dai nostri genitori, attraversando l’Adriatico su un barcone. Ma i miei genitori, in quel periodo, si trovarono a gestire una situazione difficile: a mia madre fu diagnosticato un linfoma, il lavoro non c’era e avevano due bambine da crescere. A Foggia rimanemmo un solo anno, poi ci trasferimmo a Piacenza, dove mio padre cominciò a lavorare in un’azienda di Valconasso per poi essere assunto in un ristorante a Pontenure”. Poi, il salto in avanti. “Ma loro volevano più dalla propria vita, e scelsero di aprire un’attività, con l’idea di lasciare qualcosa ai loro figli. Intanto, nacque anche il terzo. Si indebitarono smisuratamente, ma con grossi sacrifici, tanto amore e tanta fatica riuscirono a saldare i debiti in poco tempo. L’attività, dopo le prime fatiche, decollò”. Eltiona e la sua famiglia oggi gestiscono la trattoria-albergo “Veranda Barabasca” a Fiorenzuola. “È un’attività piccola, ma ci dà grandi soddisfazioni. Non sarebbe stato possibile senza una famiglia unita, disposta a qualunque sacrificio pur di non rimanere impantanata nel proprio desiderio di andare avanti. I miei genitori hanno sacrificato la loro vita per vent’anni, noi figli non possiamo non essere riconoscenti nei loro confronti”.

Dal 2016 Eltiona, dopo circa vent’anni di permanenza, ha ottenuto la cittadinanza italiana. “È cambiato tutto – dice – i cittadini hanno una libertà differente, la percezione che gli altri hanno è diversa”. Sono sempre più le persone nate all’estero che acquisiscono la cittadinanza italiana: Piacenza è la prima provincia in regione per acquisizioni di cittadinanza ogni mille abitanti (6,9) e seconda, dopo Parma, come percentuale di stranieri in rapporto alla popolazione (14,8%). “La crescita delle acquisizioni di cittadinanza è molto forte – spiega Paolo Rizzi, docente dell’Università Cattolica e direttore del Laboratorio di Economia Locale – con oscillazioni che dipendono dai flussi migratori del decennio precedente e dai tempi della burocrazia. Avere più cittadini italiani riduce il calo di popolazione autoctona: la provincia di Piacenza ha oltre 283mila abitanti, senza stranieri (42.073 persone) saremmo saremmo poco più di 240mila. La città Piacenza inizierebbe ad andare verso gli 80mila abitanti, perdendo di status presso le classi di popolazione. Tenere questa dimensione per noi è importante: grazie agli stranieri e ai ‘nuovi piacentini’ riusciamo a rimanere una provincia con un minimo di scala”. L’elaborazione della Provincia di Piacenza insieme a Camera di Commercio e Università Cattolica del Sacro Cuore, su dati Istat, è stata presentata l’11 luglio nella sala del Consiglio provinciale, a margine della trattazione del rapporto congiunturale numero 43 di Piacenz@ Economia, Lavoro e Società.

acquisizioni di cittadinanza piacenza grafici
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Il picco di acquisizioni di cittadinanza in provincia di Piacenza si è toccato nel 2016, con 2.053 nuovi cittadini italiani. In dieci anni, dal 2013 al 2022, si è passati da 814 a 1.942 nuovi italiani residenti nel Piacentino. Al 31 dicembre 2022 la popolazione della provincia di Piacenza contava 283.650 abitanti, di cui 1.942 “nuovi italiani” e 42.073 cittadini stranieri (il 15% della popolazione, contro l’8% nazionale). Il dato più rilevante, a cui fa riferimento Rizzi, è quello che riguarda il bilancio demografico (vedi tabella sotto): il saldo naturale (differenza fra nati e morti) della provincia di Piacenza è negativo (- 1.769), così come si sono persi 842 cittadini per “altri motivi”, ma la popolazione assoluta è aumentata di 215 unità. Ciò è dovuto al saldo migratorio interno (+ 969) e soprattutto a quello estero (+ 1.857). Sono i dati a confermare la riflessione di Rizzi secondo cui, senza flussi migratori in entrata, considerando la bassa natalità e l’alta mortalità, Piacenza perderebbe ogni anno gran parte della popolazione.

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A fare paura è il cosiddetto inverno demografico, che prefigura “un declino tra venti o trent’anni se si dovesse fermare il flusso migratorio in entrata”, rileva Rizzi, constatando come negli ultimi due anni sia finito il grande flusso dall’estero. “Senza la presenza straniera – aggiunge – avremmo problemi molto forti”.

acquisizioni di cittadinanza piacenza grafici
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Senza gli stranieri la provincia conterebbe 130mila abitanti – sintetizza il direttore generale della Provincia Vittorio Silva -. È necessario allentare le norme restrittive sulle acquisizioni di cittadinanza, la cui dimensione è evidente nei numeri: l’aumento dei cittadini italiani a Piacenza è determinato non dal saldo naturale ma dai ‘nati all’estero’ che diventano italiani. Dal 2020 al 2022 è la prima volta che aumentano i cittadini italiani, e ciò accade a causa di questo fenomeno”. L’impegno, secondo la presidente Monica Patelli, deve partire dalle istituzioni. “Credo che gli enti pubblici – afferma – si debbano interrogare tanto sui racconti di vita dei nuovi italiani e degli stranieri che lavorano in Italia: l’integrazione va messa in campo tutti i giorni in maniera concreta. Personalmente, rappresento un territorio che ha rilasciato tante cittadinanze italiane nell’ultimo periodo (Patelli è sindaco di Borgonovo Val Tidone, ndr): un ente pubblico non può far finta di avere tante persone straniere solo a beneficio dell’economia senza restituire servizi, ascolto, accoglienza”. E, infine, un appello alle istituzioni nazionali. “C’è bisogno di migliorare, semplificare e velocizzare la burocrazia”.

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I COMUNI DELLA PROVINCIA – Il Comune con più acquisizioni di cittadinanza nel 2022 è ovviamente il più popoloso, ossia il capoluogo Piacenza (732 pratiche). A seguire Fiorenzuola d’Arda (203) e Castel San Giovanni (133). Per avere una percezione più indicativa, esaminiamo i dati sulle acquisizioni di cittadinanza ogni mille abitanti. Anche se, è bene specificarlo, in un Comune poco popoloso bastano numeri bassi a far spostare, anche di parecchio, le percentuali. Al primo posto c’è Villanova sull’Arda (1.669 abitanti), che conta 15,6 nuovi italiani ogni mille abitanti (26 in totale). Secondo posto ex aequo per Borgonovo Val Tidone e Fiorenzuola d’Arda (13,6 ogni mille), poi Pontenure (10 ogni mille), a seguire Gragnano Trebbiense e Castel San Giovanni con 9,4 nuovi cittadini italiani ogni mille abitanti.

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LE PAROLE DEI “NUOVI ITALIANI” – A portare la propria testimonianza di “nati all’estero” anche Medaga Hodzic, di origine bosniaca, che in ormai più di trent’anni di permanenza in Italia ha messo in piedi e portato avanti un’impresa edile, e Yaya Jawara, gambiano, in Italia dal 2014, che ancora non ha ottenuto la cittadinanza. “Sono arrivato nel gennaio 1992 (a 19 anni, ndr) – racconta Hodzic – e nel 1995 ho costituito la mia impresa, con l’iscrizione alla Camera di Commercio. Prima di arrivare, avevo conseguito il diploma di geometra a Spalato, in Croazia. In seguito, mi sono laureato in ingegneria civile a Mostar. Nel 2002 ho trasformato l’impresa: oggi abbiamo 14 dipendenti e una trentina di collaboratori esterni”. Medaga Hodzic è stato uno dei primi stranieri a ottenere la cittadinanza italiana, nel 2006, dopo un’attesa di quattro anni dalla domanda. “Negli ultimi 15 anni, non avendo più la possibilità di ottenere un permesso di soggiorno ‘veloce’ (come invece accadeva negli anni Novanta, durante la guerra dei Balcani, ndr) – analizza – il flusso migratorio dalla Bosnia si è arrestato”. Hodzic sostiene che, a fronte dell’aumento degli immigrati, i servizi debbano essere rivoluzionati. “È assurdo – dice – che ci siano ancora limitazioni legate al permesso di soggiorno che impediscono di trovare lavoro: così il mercato si preclude l’assunzione di lavoratori validi”.

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Yaya Jawara è nato 37 anni fa in Gambia, dove attualmente risiedono ancora sua moglie e i suoi tre figli. È arrivato in Italia nel 2014 “per migliorare il proprio futuro”. È una storia di accoglienza e affetto quella che lega Jawara a Piacenza. “Sono andato a scuola per imparare l’italiano, poi ho frequentato la scuola di formazione Enaip e sono stato assunto come magazziniere. Intanto, facevo volontariato a Ponte dell’Olio, aiutando a pulire le strade. Poi tre anni di apprendistato nell’azienda Rolleri di Vigolzone e altre piccole esperienze. Fino a quando, con l’arrivo della pandemia, sono stato licenziato senza un apparente motivo: ho perso la mia casa e sono tornato al punto di partenza. Sono stato costretto a chiedere ospitalità ad alcuni amici per dormire e mangiare. Poi ho trovato un nuovo lavoro, che svolgo tuttora, a San Nicolò, dove sono operaio in un’azienda di serramenti”.

Jawara non ha ancora presentato la domanda per acquisire la cittadinanza. Sarebbe disposto a farlo fin da subito, ma dichiara di non conoscere l’iter. “Conosco persone che hanno atteso quattro o più anni prima di diventare cittadini italiani”, dice. Uno dei problemi maggiori che Jawara riscontra a causa delle leggi italiane sull’immigrazione è l’impossibilità di viaggiare. “Da quattro anni non riesco ad andare nel mio Paese (il Gambia, ndr) a causa della burocrazia. Le mie condizioni contrattuali – evidenzia – non mi permettono di avere un permesso di soggiorno duraturo: ogni sei mesi devo presentare domanda di rinnovo, e il documento arriva dopo altri cinque o sei mesi. Così facendo, non ho alcuna possibilità di viaggiare. Mio padre è morto alcuni mesi fa e non ho potuto andare a trovarlo”. Tuttavia, nonostante le difficoltà legate a questioni amministrative, Yaya Jawara afferma di sentirsi “accolto”: “Piacenza è la città migliore d’Italia – sostiene – sono qui dal 2014 e non ho mai subìto atti di razzismo“.

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