Carrà (Cgil) “Aumentano le malattie professionali, su sicurezza lavoratori serve impegno del Governo”

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Intervento del Responsabile Area Salute e Sicurezza Camera del Lavoro CGIL Piacenza Bruno Carrà

Fino al 30 novembre 2023 nell’anno appena trascorso, sono stati 968 gli infortuni mortali denunciati dall’Inail in tutta Italia. Il dato registra un lieve calo rispetto ai 1.006 del 2022. Calo dovuto soprattutto a una diminuzione delle morti in itinere, quelle che avvengono lungo il tragitto per e di ritorno dal luogo di lavoro, passati da 284 a 233 (e in questa diminuzione può aver giocato un ruolo l’utilizzo dello smart working). Anche se 968, il numero totale delle morti denunciate, diviso 334, il numero dei giorni dell’anno fino al 30 novembre, dà sempre 2,89. Insomma, la media continua a essere quella di 3 morti al giorno (e mancano comunque al computo i dati del dicembre appena concluso). Crescono i morti sul posto di lavoro, passati dai 722 del ‘22 ai 745 del ‘23. Rispetto al 2022 calano del 16,8% anche gli infortuni denunciati. In aumento anche le malattie professionali denunciate, che sono state 67.094 (+20,4%). Le patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, quelle del sistema nervoso e dell’orecchio continuano a rappresentare – dati Inail – anche nei primi 11 mesi del 2023, le prime tre malattie professionali denunciate, seguite dai tumori, dalle patologie del sistema respiratorio e dai disturbi psichici e comportamentali. Il calo degli infortuni sul lavoro – sempre dati Inail – a livello nazionale emerge dal confronto tra i primi 11 mesi del 2022 e 2023 è legato sia alla componente femminile, che registra un -28,6% (da 268.565 a 191.686 casi denunciati), sia a quella maschile, che presenta un – 8,5% (da 383.437 a 350.882). Il decremento ha interessato sia i lavoratori italiani (- 19,7%) sia quelli comunitari (-13,9%), mentre gli extracomunitari hanno registrato un +0,2%. L’analisi per classi di età rileva diminuzioni in tutte le fasce, a eccezione di quella degli under 20, che registra un +11,0% dovuto principalmente all’aumento infortunistico degli studenti. A Piacenza gli infortuni denunciati nei primi 11 mesi dell’anno sono 4.132 con -5.55% rispetto al 2022 nello stesso periodo e 7 sono i sinistri con esito mortale. Invece le denunce di malattie professionali al 30.11.2023 sono 147 con una variazione di -13,5% rispetto al 2022.

Davanti a questi numeri la Cgil ribadisce ancora una volta, come occorra una strategia nazionale su salute e sicurezza sul lavoro, che più volte negli incontri con il Governo abbiamo offerto come contributo dentro la piattaforma unitaria presentata, ma mai recepita dal Governo Meloni che ha preferito svolgere inconcludenti audizioni con le Parti Sociali senza mai entrare nel merito della discussione, e senza che questi incontri si potessero trasformare in vere occasioni fattive con un esito che portasse a provvedimenti concreti per contrastare i preoccupanti fenomeni delle morti e degli infortuni: pertanto prevenzione, formazione e cultura della sicurezza restano solo vuote parole se non seguono fatti concreti. E la stessa conferenza stampa della premier Giorgia Meloni è stato un caleidoscopio di vorrei ma non posso e frasi fatte, ma è proprio sui temi centrali che attanagliano il paese che non ci sono risposte se non annunci evasivi. Su lavoro, fisco, pensioni, donne, giovani non ci sono prospettive ma solo autoincensamenti banali se non vane glorie, mentre il futuro è appeso agli ‘zero virgola’ annunciati da tutti gli istituti nazionali ed internazionali predisposti a questo, circa le stime previste e condannate al ribasso, per causa di una manovra di Bilancio che non ha al suo interno una politica economica di lungo sguardo e visione in grado di incidere sulla realtà. In conclusione ricordo poi, come la precarizzazione del lavoro, un lavoro frantumato, con appalti e subappalti va superato e abbandonato sostenendo il superamento la contrattazione nazionale. Quindi, altresì, il tema dei salari bassi nel nostro Paese anche in raffronto con il resto d’Europa rimane un problema aperto e reale, perché ampia è la forbice tra le diverse condizioni salariali, mentre invece con il potenziamento delle retribuzioni aumenterebbe pure il gettito fiscale, così come i consumi, perché le politiche salariali sono senza dubbio politiche economiche e industriali.

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