Le Rubriche di PiacenzaSera - Universi

La scelta di educare tra autorità e libertà, due tendenze conciliabili?

Autorità e libertà nel campo dell’educazione. Un tema non facile con il quale si è cimentata la redazione di “Universi”, che ha seguito la conferenza del professor Philippe Meirieu all’Università Cattolica di Piacenza.

Ecco il resoconto dei nostri redattori che spiegano anche ai non addetti ai lavori una riflessione sempre attuale.

Alla Cattolica di Piacenza si è tenuto un convegno sull’autonomia e sulla libertà, al quale è stato ospite il docente dell’università di Lione Philippe Meirieu, autore di un libro basato sugli studi pedagogici sviluppatisi durante il secolo scorso; nel corso del quale si è tenuta una conferenza molto importante sul tema dell’educazione, al quale hanno partecipato diverse nazioni tra cui Spagna, Portogallo e alcuni paesi dell’Africa.

Nel corso del convegno ha sottolineato come la pedagogia insegna agli educatori ed ai genitori a concedere libertà e autonomia ai bambini, di modo che possano realizzare le proprie capacità e potenzialità, per prepararsi alla formazione delle futura società. (presentazione di Hassan Haidane)

La scelta di educare alla libertà è il punto principale del lavoro dell’educatore secondo Philippe Meirieu – di Chiara Ruggeri

Ho assistito a una conferenza del noto pedagogista e insegnante Philippe Meirieu organizzata dal professor Bruzzone, docente di Pedagogia generale alla facoltà di Scienze della formazione, che ha introdotto Meirieu affermando che la libertà non è qualcosa di naturale e istintivo, ma deve essere insegnata progressivamente in modo che il bambino e l’adolescente imparino a farne uso comprendendone i limiti. Meirieu ha fatto un discorso molto ampio parlando delle due diverse tendenze pedagogiche che si sono spesso contrapposte riguardo all’educazione alla libertà.

Secondo la prima posizione essa è un concetto innato e da lasciar crescere spontaneamente nel bambino senza porgli limitazioni o divieti; secondo l’altra posizione è un concetto che deve essere trasmesso con molta pazienza e molta attenzione da insegnanti e pedagogisti. Lo studioso francese spiega che il bambino non è capace di gestire una libertà assoluta di cui ignora il valore e le conseguenze; perciò, va guidato senza imposizioni ad apprendere un po’ per volta che ogni atto comporta degli effetti di cui bisogna tener conto e che non ci si può comportare impulsivamente credendo di poter fare tutto quello che si vuole come se si trattasse di un diritto innato.

Meirieu cita a questo proposito il suo lavoro di pedagogista nei carceri minorili con ragazzi che hanno commesso reati dicendo che alcuni di loro si atteggiano a vittime addossando ogni responsabilità ai genitori o alla società, ed altri invece si dichiarano colpevoli in nome del principio del libero arbitrio, che dà loro il diritto di agire come meglio credono senza avere nessuno scrupolo di coscienza.

Lui sottolinea con questo esempio la tendenza di sociologi e pedagogisti a classificare i ragazzi secondo clichés che li imprigionano e li appiattiscono come se fossero uguali e con le stesse capacità e debolezze, mentre non si possono considerare tutti “vittime” o tutti “colpevoli” perché questo annullerebbe la loro facoltà di scegliere e di decidere autonomamente. Secondo Meirieu bisogna stabilire cosa è valido in campo pedagogico, aldilà dei luoghi comuni propri di una mentalità molto conformista e superficiale.

Ne ha citati alcuni molto banali e scontati come l’idea che il bambino deve essere “attivo” e non “passivo”, il fatto che deve essere oggetto di “rispetto” e anche la falsa opinione che i bambini non vengano condizionati, come anche noi adulti, dalla continua e martellante propaganda dei mezzi di informazione.

Tutte le scelte che ci sembrano libere e spontanee subiscono l’influenza della pubblicità e della nostra continua dipendenza dal web e i ragazzi fin da piccoli sono guidati e istruiti dalla rete e da un mondo virtuale da cui dobbiamo liberarli con l’arma dell’educazione e dell’esempio.

Sono molto favorevole quindi all’idea espressa dal professor Meirieu che l’autonomia si acquisisca non subito, ma con il tempo avendo figure di riferimento che accompagnano i bambini e i ragazzi per un tratto e poi lentamente li lasciano andare, ma sono pronti a sostenerli se inciampano e cadono.

Chiara Ruggeri

L’assenza di regole è davvero sinonimo di libertà individuale e quindi sociale? Autorità e autonomia sono concetti tra loro inconciliabili nel processo educativo? – di Micaela Ghisoni

Questi i problemi fondamentali discussi dall’illustre insegnante e pedagogista francese Philippe Merieu lo scorso 27 febbraio, presso l’università Cattolica di Piacenza.

“La libertà è una difficile conquista” titolo della Conferenza tenuta da Merieu alla Facoltà universitaria di Scienze della Formazione, ha voluto far intendere fin da subito le posizioni dello studioso francese in ambito educativo. Libertà come frutto di un lento processo di crescita consapevole. Non istinto innato, o concetto prefabbricato, imposto dall’esterno.

Hanno arricchito il convegno con la loro partecipazione il docente di Pedagogia generale della Facoltà Daniele Bruzzone e il pedagogista e dirigente scolastico Enrico Botero; tuttavia è stato Philippe Merieu protagonista dell’incontro e del dibattito.

“Oggi più di ieri i ragazzi devono imparare a pensare da soli” – ha detto il francese. Sfida difficile questa nella realtà contemporanea, che tende sempre più a imporre modelli, a conformare attraverso i media e la rete. Eppure obiettivo irrinunciabile per la salvaguardia dell’autonomia individuale.

Molto complesso quindi il compito di insegnanti, educatori e genitori oggi, che dovrebbero porsi come equilibrati mediatori tra le inclinazioni naturali del soggetto da educare e le conseguenze a cui esse possono portare. Nella concezione pedagogica di Merieu il ragazzo è posto al centro del processo educativo: la sua autonomia, la sua capacità di riflessione vanno sviluppate e promosse a partire dalla valorizzazione delle potenzialità individuali.

Per farlo però occorre superare alcuni luoghi comuni di pensiero che categorizzano e classificano, perdendo di vista sfumature essenziali. Autoritarismo dogmatico da un lato e lassismo assoluto dall’altro sono, secondo l’insegnante francese, le due categorizzazioni estreme e più frequenti in ambito pedagogico.

A queste due posizioni opposte si associa spesso la visione uniforme e non pluriprospettica del bambino, per cui egli o è in un modo, o nell’altro. Tuttavia ogni soggetto ha in sè un insieme di caratteristiche, “è un continuum”, sottolinea Merieu.

Educatori e genitori dovrebbero allora dialogare con i ragazzi, proporre alternative possibili e porre loro vincoli duraturi proprio al fine di sollecitarli alla riflessione, alla critica, e quindi a scelte autonome. Non è dunque affatto vero che le regole sono incompatibili con la libertà individuale; anzi spesso la tutelano. Il rispetto dei limiti permette infatti di confrontarsi con le conseguenze dei propri atti e quindi di “auto-regolarsi”, come ha evidenziato fermamente anche il professor Bruzzone.

Contro un conformismo sociale pericoloso e autoritario e contro il diffuso fenomeno odierno che Botero ha definito di “mitizzazione dell’infanzia”, Philippe Merieu  auspica allora un’autorevolezza educativa che promuova autonomia e libertà decisionale.

Micaela Ghisoni

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