“Il nostro viaggio nel Fronte interno delle povertà in Italia” foto

“In Occidente il povero aveva la consapevolezza di essere un privilegiato. Ora non è più così. E’ un perdente e avverte il senso di colpa di essere un perdente”.

Non è stato un viaggio facile, quello compiuto dal Domenico Quirico ha presentato, insieme alla collega e filmmaker Paola Piacenza, alla ricerca de “Il fronte interno. Un viaggio in Italia”, un documentario che ha esplorato le nuove povertà nel nostro paese. In mattinata, al Cinema Jolly 2 di San Nicolò, si è tenuta la presentazione dell’opera, lasciando poi spazio alle domande e alle riflessioni degli spettatori, con il contributo di Piero Verani, dei Cinemaniaci, e di Alberto Tagliafichi, gestore della sala. Paola Piacenza aveva già realizzato con Quirico un altro documentario, Ombre dal fondo, in cui l’inviato di guerra aveva raccontato la sua storia (nel 2013 era stato rapito in Siria e liberato dopo 152 giorni) e il rapporto con il proprio mestiere.

“L’idea – spiega Piacenza – per questo documentario è stata quella di restare a casa nostra, un paese che Domenico aveva paradossalmente frequentato meno, e di usare gli stessi strumenti per raccontare il fronte interno di casa nostra. Abbiamo cercato di capire che cosa è la povertà di casa nostra: un progetto che è partito prima della pandemia e che abbiamo lo stesso portatio avanti nonostante le difficoltà”. Ecco quindi un viaggio di 110 minuti, una produzione Frenesy Film di Luca Guadagnino con Rai Cinema, tra Milano, Aosta, Torino e Palermo,che tocca i fronti interni dell’Italia: la scuola, lo stabilimento Mirafiori della Fiat, i campi rom, un rifiugio per i senza tetto gestito dalla Caritas. “Sono molto contenta di aver fatto questo viaggio – dice la regista -, ma non ne sono uscita bene: è impossibile restare indifferenti davanti a queste storie”.

Come si raccontano le guerre, dall’altro capo del mondo o quelle che si combattono a casa? “Non esiste un metodo giornalistico particolare – spiega Quirico -, si tratta di attraversare luoghi fisici e sofferenze umane e trasporle in parole o in immagini. In questo caso, essendo io abituato ad usare le parole, l’essere io stesso una parte del racconto, attraverso un documentario, mi attraeva e mi incuriosiva. La povertà è un fronte, una guerra, sotterranea, in tanti luoghi del mondo. C’è un fronte universale della povertà che forse bisogna attraversare per poterlo raccontare, e non lo si può fare solo con le cifre. Il numero in se’ non racconta nulla se non l’enormità fredda e vuota dell’essere numeri. C’è una povertà esplicita, visibile, chev viene raccontata dalle percentuali e una non esplicita, sotterranea, nascosta. Si nasconde o viene nascosta e non necessariamente la prima è più grave della seconda”.

Nel documentario si attraversano tante povertà: quella economica, come quella culturale. A cui la sinistra, che dovrebbe essere vocata a darvi una risposta, sembra restare scollegata, come suggerisce la parte finale del documentario, attraverso il dialogo tra Quirico e il sociologo Marco Revelli, con quest’ultimo che dice, laconico, che “Don Bosco c’è ancora e il socialismo no”. “Fino a un certo punto, il povero in Occidente aveva la consapevolezza di essere il privilegiato del mondo futuro – ha detto Quirico al pubblico in sala -. Ora invece anche in Occidente il povero è totalmente emarginato, sconfitto. Perfino la Chiesa ha nei suoi confronti un approccio laico: cerca di aiutarlo in maniera pragmatica. Il povero ora non ha più la consolazione di essere il preferito di Dio: è perdente e ha colpa di essere perdente. Avverte questa solitudine assoluta, la sconfitta definitiva del povero, dall’economia all’etica, che lo chiude in una prigione. Ed è proprio questo, quello che mi ha maggiormente colpito durante il viaggio lungo il Fronte interno”.

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