Il Don Carlo di Verdi conquista il Municipale

Ancora un successo che definire strepitoso non fa cadere nell’esagerazione. La direzione artistica del nostro Teatro Municipale, affidata a Cristina Ferrari, non finisce mai di sorprendere e la qualità degli spettacoli che mette in scena è di assoluto valore internazionale, come pochi altri teatri possono vantare. Proporre un’opera impegnativa, difficile sotto ogni aspetto in quanto vengono richieste cinque voci di qualità assoluta, realizzazioni sceniche molto complesse ed azzardate in un insieme variegato e complesso, significa correre dei rischi ma anche avere la consapevolezza di possedere le qualità ed i mezzi per farlo. Può sembrare inspiegabile come un’opera così ricca di valori e di motivi interessanti, uno dei tanti capolavori del maestro Verdi, abbia impiegato più di un secolo per arrivare al teatro Municipale. Il Don Carlo verdiano viene rappresentato per la prima volta sul palco del teatro piacentino, infatti, il 26 dicembre del 1968, mentre la “prima” parigina avvenne l’11 marzo del 1867, la seconda rappresentazione a Milano nel 1884 e la terza edizione a Modena nel 1886. Tutte diverse “prime”, perché l’opera verdiana, che si avvalse del libretto di Joseph Méry e Camille du Locle con reminiscenze schilleriane, subì molti contrastate modifiche. Ideata in Francia secondo criteri in voga a quale tempo a Parigi, il genio di Roncole volle adattarla alla tradizione italiana. Forse mai opera verdiana subì così numerosi, contrasti, tagli, aggiunte e variazioni cronistiche e musicali: in tutti casi il successo non mancò mai. Le difficoltà e l’impegno finanziario nell’allestimento di questa rappresentazione hanno sempre spaventato gli organizzatori e crediamo sia questa la ragione per cui il Don Carlo, pur così popolare, venga proposto meno del dovuto.

Tornando alla “prima” nel nostro teatro, in quella circostanza i protagonisti vocali, nel complesso ben applauditi, furono Emma Renzi, Franca Mattiucci, il tenore Aldo Bottion, il basso Carlo Cava ed il baritono Aldo Protti, con l’inquisitore il basso Luigi Roni. Quest’ultimo interpretò Filippo II^ nella successiva edizione del 1982, quando neppure uno splendido Flaviano Labò sollevò un livello di canto piuttosto mediocre. Sicuramente di migliore qualità il Don Carlo rappresentato sette anni più tardi con le belle e generose voci di Nazzareno Antinori e Paolo Coni. Si dovette attendere 23 anni per rivedere un altro ed ultimo Don Carlo, in cui Giacomo Prestia ed il giovane Simone Piazzola primeggiarono in un cast di buoni cantanti con il tenore Mario Malagnini. Quella di ieri sera, però, la riteniamo la migliore sotto ogni aspetto. Il nostro giudizio è confortato dal bagno di applausi, ovazioni, e di consensi che il pubblico, che ha gremito completamente il teatro, ha decretato ai protagonisti.
Senza voler fare insensate graduatorie di merito, perché quando si raggiungono certi livelli esiste il merito assoluto e non scale di valori, vogliamo citare per primo il Filippo II di Michele Pertusi. Tutta la sua interpretazione è stata di assoluta eccellenza, ma la sua “Ella giammai m’amò” è uno scrigno di bellezze musicali, vocali, interpretative. Crediamo che pochi bassi al mondo possano far meglio di questo grande cantante parmense sempre elegante in scena e fuori.

La soprano Anna Pirozzi, vecchia ed amatissima conoscenza del pubblico piacentino, ogni volta che la si sente sembra abbia raggiunto il massimo, invece, la trovi sempre con qualche qualità in più. Nei ruoli drammatici sta riscuotendo successi in tutti i teatri del mondo, consensi ampiamente meritati perché nei registri acuti ha raggiunti una sicurezza e delle modulazioni molto raffinati. Accanto a lei ha ben impressionato la mezzo soprano Teresa Romano, dal timbro sicuro, unito e cromatico. Sicuramente convincente il baritono Ernesto Petti nei panni di Rodrigo, autore di un ottimo finale con la romanza conclusiva (“Morrò…) cantata con sentimento e ottimi centri. Il Don Carlo di Piero Pretti, un sardo di Nuoro ancor giovane ma di sicuro talento, è stato per noi una gradita sorpresa. Voce squillante che sa dosare con ottime modulazioni e facilità di canto. Nei registri alti si assottiglia mantenendo uniformità, pur interpretando un personaggio tutt’altro che semplice. Ramaz Chikviladze nel ruolo del grande inquisitore ha impressionato per la bellezza e la potenza della voce che colora con drammaticità e partecipazione. Tra le figure minori, tutti hanno svolto loro compito a modo e con disinvoltura. Tra questi abbiamo ammirato il tenore piacentino Andrea Galli, poco impegnato ma sempre preciso e puntuale.

Ad alzare il livello artistico della rappresentazione hanno contribuito in modo egregio l’orchestra dell’Emilia-Romagna Arturo Toscanini diretta dal sensibile maestro Jordi Bernàcer, entrato mirabilmente nell’arte verdiana con sfumature all’insegna di un misticismo che impregna tutta l’opera dove religione, politica, passioni e sentimenti sono presenti in ogni azione e che la splendida regia di Joseph Franconi-Lee ha saputo trasmettere con scene (anche fotografie dell’Escorial) e giochi di luce c sfumature molto incisivi, ben interpretate dai bravissimi coristi e figuranti. Davvero uno spettacolo armonico, ricco di luci e di colore, dove tutta la scena è espressiva ed accende la sensibilità dello spettatore. Il Don Carlo sarà ripetuto domenica 12 novembre al Teatro Municipale con inizio alle ore 15,30.

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