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Il “capitano” diventa professore, Javier Zanetti in Cattolica VIDEO foto

Accolto da cori da stadio, nonostante il contesto formale dell'Università Cattolica di Piacenza, Javier 'un capitano c'è solo un capitano', Zanetti oggi ha smesso i panni dello sportivo per indossare quelli di docente

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Come nasce un team leader? A spiegarlo in Cattolica di Piacenza Javier Zanetti, storico capitano dell’Inter e della nazionale Argentina e oggi vicepresidente della società nerazzurra.

Accolto da cori da stadio, nonostante il contesto formale dell’Università Cattolica di Piacenza, Javier ‘un capitano c’è solo un capitano’, Zanetti oggi ha smesso i panni dello sportivo per indossare quelli di docente.

E chi meglio di lui, capitano e ora vice presidente dell’Inter, poteva essere chiamato a tenere una lezione sulla leadership?

Zanetti è intervenuto all’ateneo piacentino nel corso di un incontro organizzato dall’Università insieme al Gruppo Giovani Industriali di Piacenza.

Insieme a lui partecipano Filippo Colla (Presidente Gruppo Giovani Industriali Piacenza) e Marco Scianò (Direttore Generale Piacenza Calcio), moderati da Daniele Fornari, Professore della Facoltà di Economia.

“Da Javier, grande campione nel calcio e nella vita – ha detto Filippo Colla -, possiamo imparare al lezione di fare squadra e di mettersi a disposizione degli altri”. 

“Sarai sicuramente un grande dirigente, il calcio ha bisogno non solo di soldi ma di uomini abili e di idee. Cos’è oggi il leader? E’ legato – interviene Scianò – al gioco di squadra, da soli non si va da nessuna parte”. 

“Il valore della leadership – continua il prof Fornari – non è solo carisma e saper guidare gli altri, ma il saper dare l’esempio”. 

Zanetti, intervistato da studenti e da giovani imprenditori, si è concesso senza remore: con la stessa gentilezza e disponibilità dimostrate nel sottostare all’immancabile rito dei selfie, il vice presidente dell’Inter ha raccontato la sua infanzia umile, le delusioni patite all’inizio della carriera, ma anche l’amore per i suoi figli e la moglie Paola, senza tacere le piccole debolezze come la musica (anche se la canzone più bella per lui resta “Pazza Inter Amala”, inno neroazzurro) e la fissazione dei capelli. 

Qual è il segreto, quindi, di questo grande leader? Sicuramente la forza calma che trasmette, un “regalo” del papà, il suo primo maestro. “Un uomo che parlava poco, ma le parole che usava erano sempre quelle giuste” ha detto Zanetti. 

“Mio padre faceva il muratore in Argentina, andava a lavorare alle 5 del mattino e poi lo vedevo alla sera. Ho visto i sacrifici compiuti da lui e da mia madre per me e mio fratello, e li ringrazio per l’educazione che ho ricevuto. La mia carriera calcistica è arrivata senza che lo me lo aspettassi: ho saputo dell’ingaggio dell’Inter via fax, e mi ricordo di aver chiesto a Paola, allora mia fidanzata, di controllare in televisione se fosse vero. Al di là delle vittorie, quello che è importante è quello che sei come persona e i valori che riesci a trasmettere”. 

E’ più facile essere un leader in campo o come manager? “Sono due cose diverse. Adesso mi rimesso a studiare, vado all’università e ho capito cose che da calciatore non sapevo. Per far funzionare una squadra sono necessari tanti elementi, e i valori sono fondamentali. Io ho imparato a mettermi a disposizione, e so di poter trasmettere il dna Inter. Sono arrivato a Milano nel 1995, e nei primi tempi c’erano molte difficoltà che non sono mancate negli anni successivi Ed è davanti alle difficoltà che si diventa ancora più forti: non ho mai pensato di lasciare la maglia dell’Inter, nonostante altre offerte. Ha sempre pesato di più l’amore con questa famiglia e i tifosi. Io credo che nel lavoro, chi si impega e fa cose belle, prima o poi verrà ripagato”. 

Zanetti ha poi parlato del suo impegno nel sociale, grazie alla Fundacion P.U.P.I, che si occupa di assistere bambini indigenti e le loro famiglie in Argentina. “Noi siamo stati fortunati, è giusto fare un piccolo passo – ha detto – per far sì che i bambini abbiano un futuro migliore”. 

Non è mancato un ricordo commosso di Giacinto Facchetti. “E’ stata una delle persone migliori che io abbia mai conosciuto – ha detto – come mio padre era di poche parole, e quelle che sceglieva erano sempre quelle giuste. Ha fatto grande la storia di questa società, i suoi valori erano unici”. 

L’incontro si è chiuso con un piccolo fuori programma: la consegna a Zanetti di due maglie: la prima del Piacenza Calcio con il numero 4, quello del “capitano”, e la seconda dell’università Cattolica. 

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IL VIDEO DELL’ACCOGLIENZA

 

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